PERMESSI “LEGGE 104” PER ASSISTERE I FAMILIARI CON HANDICAP GRAVI: non più solo ai parenti di primo
- Anna Maria Messina
- 13 ott 2016
- Tempo di lettura: 2 min

La Legge n.104/1992 consente ai lavoratori di astenersi dal lavoro per tre giorni al mese, regolarmente retribuiti, per assistere familiari portatori di handicap gravi. La stessa legge prevede
che tali permessi siano riconosciuti solo se tra il lavoratore ed il disabile vi sia un rapporto di
parentela di primo o secondo grado (coniuge, figlio/a, sorella, fratello, nonni). Ora il diritto a tali
permessi è stato esteso ai conviventi more uxorio, cioè non legati dal vincolo matrimoniale (in pratica, le cosiddette coppie di fatto).
A questo risultato si è pervenuti con la sentenza n. 213/2016 con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la parte della norma (art. 33, comma 3, legge n. 104/1992) che non includeva tra i beneficiari del diritto ai permessi anche, appunto, i conviventi more uxorio che, generalmente, vengono definite coppie di fatto, alle quali, per altri aspetti, sono stati riconosciuti taluni diritti, con la recente legge n. 76/2016.
Ma la predetta sentenza – ovviamente oltre che per i diretti interessati – assume particolare importanza per le motivazioni che la Corte porta per giustificare la decisione a cui è pervenuta, motivazioni che potrebbero essere valide perché il diritto ai permessi in questione possa essere esteso ad altri soggetti o con (poco probabili) nuove disposizioni legislative oppure con già attuabili ricorsi giudiziari per pervenire a sentenze costituzionali analoghe a quella in esame.
Difatti la Corte Costituzionale in particolare osserva:
a) lo scopo principale dei permessi è quello di “assicurare in via prioritaria la continuità nelle cure e nell’assistenza del disabile che si realizzino in ambito familiare”;
b) il diritto alla salute è costituzionalmente garantito sia al soggetto considerato come singola persona, sia al soggetto considerato nell’ambito della formazione sociale in cui si svolge la sua personalità, formazione sociale da intendersi in maniera estensiva, senza limitarla a quella legata da rapporti parentali;
c) è irragionevole che tra i soggetti con diritto ad usufruire dei permessi “non sia incluso il convivente con handicap in situazione di gravità”.
In definitiva, per semplificare, non sembra più plausibile che, quantomeno, dal diritto ai permessi ai sensi della legge n. 104/1992 continui ad essere escluso, ad esempio, un lavoratore che assista un suo nipote, figlio di un fratello o di una sorella (parentela di terzo grado). E’ ovvio che la casistica può essere la più varia. Si riparlerà di questo e di altro, a buona ragione.
L’INPS ha emanato il messaggio n. 3980 del 3 ottobre 2016, con il quale informa che l’applicazione per l’invio telematico delle domande di maternità è stata integrata con la possibilità di acquisire le domande
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